Gli stemmi di Milano
Molte sono le leggende che narrano le origine di Milano. Una di queste racconta che a fondarla fu Belloveso, capo gallico, il quale colpito dalla bellezze dei posti durante una sua incursione, attorno al 600 a.C, decise di piazzare il proprio accampamento. I Galli dissero ai propri sacerdoti di domandare agli dei quale fosse la località più idonea e il nome da dare alla città, che sarebbe diventata la capitale della regione conquistata. Gli dei risposero che il luogo giusto sarebbe stato quello in cui, avrebbero trovato una scrofa con il dorso coperto per metà di lana.; e proprio da questo fatto sarebbe derivato anche il nome della nuova città: Mediolanum (in medio lanae).
Così narra la leggenda più nota, consacrata anche dal primo stemma della città, la scrofa lanigera, tuttora scolpito nel secondo arco del Palazzo della Ragione, in piazza Mercanti.
Molte sono le leggende che narrano le origine di Milano. Una di queste racconta che a fondarla fu Belloveso, capo gallico, il quale colpito dalla bellezze dei posti durante una sua incursione, attorno al 600 a.C, decise di piazzare il proprio accampamento. I Galli dissero ai propri sacerdoti di domandare agli dei quale fosse la località più idonea e il nome da dare alla città, che sarebbe diventata la capitale della regione conquistata. Gli dei risposero che il luogo giusto sarebbe stato quello in cui, avrebbero trovato una scrofa con il dorso coperto per metà di lana.; e proprio da questo fatto sarebbe derivato anche il nome della nuova città: Mediolanum (in medio lanae).
Così narra la leggenda più nota, consacrata anche dal primo stemma della città, la scrofa lanigera, tuttora scolpito nel secondo arco del Palazzo della Ragione, in piazza Mercanti.
Dopo la scrofa semilanuta apparve sugli stendardi della città la famosa biscia. La sua prima apparizione risale agli inizi dell'XI secolo. In quell'epoca Ottone III incaricò l'Arcivescovo Arnolfo di recarsi alla corte di Bisanzio per trattare le sue nozze con una principessa di quella corte.
Arnolfo portò dall'Oriente, oltre alla sposa, altre due meraviglie: una statua che mediante un ingegnoso congegno riusciva a formulare alcune parole predicendo il futuro e un prezioso serpente di bronzo risalente all'epoca di Mosè.
Ma appena sbarcato a Bari con la sposa, l'Arcivescovo fu raggiunto dalla notizia dell'improvvisa morte dell'imperatore Ottone, proprio come aveva già predetto la statua parlante. La principessa bizantina tornò in Oriente portando con sé la statua e l'Arcivescovo rientrò a Milano recando invece il serpente di bronzo. Lo si vede tuttora collocato su una colonna di porfido nell'interno della chiesa di Sant'Ambrogio, a metà della navata centrale, e le donne gli attribuiscono virtù miracolose contro alcuni mali dei bambini. Da allora il serpente divenne il simbolo della città e apparve sui suoi stendardi.
C'è anche un'altra leggenda secondo la quale la biscia comparve, per la prima volta, sullo stemma degli antichi Visconti. Secondo questa leggenda Azzone Visconti, si trovava a combattere contro i Fiorentini, a Pisa (1323). Un giorno, stanco di una lunga marcia, scese da cavallo, si levò l'elmo e si addormentò a ridosso di un albero. Una biscia entrò nel copricapo e vi si accovacciò. Quando Azzone si svegliò e si rimise l'elmo, ne fuoriuscì la biscia aprendo le fauci minacciosa. I soldati che stavano intorno si spaventarono, ma non Azzone che la lasciò andare via senza ucciderla. Anzi la prese come insegna e siccome la serpe era stata innocua la volle raffigurare con un bambino nelle fauci a cui però non fa del male.
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